giovedì 15 ottobre 2009

Il grande contagio



Come i "trifidi" di Wyndham, questo inarrestabile "contagio" di Maine è uno dei classici del "naturalismo" fantascientifico inglese: una di quelle magistrali e paurose cronache dove tutto è quotidiano, riconoscibile, "vero", anche se fin dall'inizio entra in scena un elemento imprevisto che sconvolge la vita di tutti e finisce per gettare la società nell'anarchia più completa e selvaggia riducendo uomini e donne a bestie impazzite dal terrore che lottano per sopravvivere.

Recensione:
Il grande contagio è sicuramente una delle pietre miliari della fantascienza catastrofica. La catastrofe in questo caso è rappresentata da un virus che si diffonde prima lentamente e poi sempre più rapidamente in tutto il mondo con una mortalità fino al 50%. Il taglio deciso da Charles Eric Maine è sicuramente originale. Lo scrittore lascia l'epidemia in secondo piano e si concentra sul piano sociale. Che succederebbe ad una società sottoposto ad una tale prova? La risposta dell'autore è : una rivoluzione. Quindi i governi in tutto il mondo, costretti a nascondersi in bunker anti-infezione, sarebbero aggrediti dagli esclusi, in grado di organizzare un vero e proprio cambiamento sociale, una rivoluzione appunto. La chiave di lettura di Charles Eric Maine si inserisce nel solco della tradizione fantascientifica inglese. In primo luogo c'è il timore del fascismo. Sebbene in Inghilterra non ci sia mai stato, il fascismo è un vero e proprio incubo per i narratori. Anche in questo caso la società immaginata da Maine si difende dal virus con il totalitarismo, censurando le notizie, eliminando sommariamente gli oppositori , difendendo esclusivamente i propri privilegi. A opporsi al totalitarismo fascista c'è il socialismo, altro spettro della fantascienza inglese. I socialisti sono sempre visti come inutili se non dannosi, che nel momento dell'emergenza devono parlare di diritti dei lavoratori e promuovere inutili scioperi (invece che, ma questo lo aggiungo io, sacrificarsi (??) per la causa, cioè non mangiare o bere o curarsi o scaldarsi a seconda della catastrofe..). Questi due spettri vengono evocati da Charles Eric Maine e fatti scontrare in una guerra civile dove ovviamente non ci sono innocenti e che sarà terribile. Nel mezzo un protagonista mal riuscito secondo me, Clive Brant. Il tentativo di Maine è quello di creare un particolare eroe, un uomo deciso e d'azione che però è sempre insoddisfatto e non trascura di essere ambizioso e cinico. Il tentativo non riesce perchè Maine alla fine non lascia poi molta scelta al suo protagonista, ficcandolo sempre in situazioni abbastanza obbligate. Difficile fare scelte morali quando si tratta di sopravvivere.
In ogni caso l'originalità di Maine è notevole e va sottolineata: anche una catastrofe sarebbe sfruttata "politicamente" e sarebbe solo un'altra variabile nel complesso gioco geopolitico mondiale e sociopolitico nazionale. Da criticare però la reazione dei rivoltosi, che appare inverosimile. In pochissimo tempo questi riescono a controllare parti dell' esercito riuscendo pure a utilizzare aerei militari.




L'autore:

Charles Eric Maine è lo pseudonimo di David McIlwain, nato nel 1921 a Liverpool e morto nel 1981 a Londra. Maine è stato autore di romanzi, ha lavorato in radio e in televisione; durante la seconda guerra mondiale ha servito nell'aviazione.

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