domenica 21 marzo 2010

The Dome

Immagina un formicaio e una lente di ingrandimento. Immagina un raggio di sole attraverso la lente. E immagina di essere la formica, mentre un bambino crudele maneggia la lente…

È una tiepida mattina d'autunno a Chester's Mill, nel Maine, una mattina come tante altre. All'improvviso, una specie di cilindro trasparente cala sulla cittadina, tranciando in due tutto quello che si trova lungo il suo perimetro: cose, animali, persone. Come se dal cielo fosse scesa la lama di una ghigliottina invisibile. Gli aerei si schiantano contro la misteriosa, impenetrabile lastra di vetro ed esplodono in mille pezzi, l'intera area - con i suoi duemila abitanti - resta intrappolata all'interno, isolata dal resto del mondo. L'ex marine Dale Barbara, soprannominato Barbie, fa parte dell'intrepido gruppo di cittadini che vuole trovare una via di scampo prima che quella cosa che hanno chiamato la Cupola faccia fare a tutti loro una morte orribile. Al suo fianco, la proprietaria del giornale locale, un paramedico, una consigliera comunale e tre ragazzi coraggiosi. Nessuno all'esterno può aiutarli, la barriera è inaccessibile. Ma un'altra separazione, altrettanto invisibile e letale, si insinua come un gas velenoso nel microcosmo che la Cupola ha isolato: quella fra gli onesti e i malvagi. Tutti loro, buoni e cattivi, dovranno fare i conti con la Cupola stessa, un incubo da cui sembra impossibile salvarsi. Ormai il tempo rimasto è poco, anzi sta proprio finendo, come l'aria...

Con the Dome (la cupola) Stephen King ritorna al grande romanzo , il genere di narrazione che lo ha reso popolare. In the Dome l’autore americano continua la sua evoluzione stilistica e continua a sperimentare però secondo me dimostra di aver raggiunto i suoi limiti. Infatti per tutto il romanzo il lettore ha l’ impressione di dejavu, come se ogni trovata o ogni personaggio siano presi e copiati da altre opere, sia dell’ autore stesso sia di altri. Comunque King decide di scrivere un romanzo particolare, non per lo stile di scrittura , per la trama trattata o per le trovate ma per come imposta lo scorrimento del’azione. L’acceleratore è sempre premuto a tavoletta e omicidi, stupri, disastri di vario tipo si succedono uno dopo l’altro con un ritmo sempre sostenutissimo. E’ una cosa voluta ed infatti confessata da King stesso che nelle note finali ci fa anche capire come si scrive un grande romanzo che possa vendere bene al giorno d’oggi. Infatti King si serve di un nutrito staff che si occupa di sistemare ogni dettaglio tecnico e compie le ricerche per lo scrittore ma anche di redattori personali che leggono i manoscritti e suggeriscono tagli e cambiamenti e che aiutano l’artista a tenere la barra sempre ben dritta verso la successione vorticosa degli episodi. evitando ogni momento di pausa. Oltre a questo apprezzabilissimo tentativo di andare sempre avanti, che nonostante le critiche di qualsiasi colore e provenienza Stephen King ha sempre ricercato, cambiando e sperimentando stili e modalità di narrazione e nonostante alla fine la storia raccontata in the dome sia decisamente apprezzabile ci comunque sono molti difetti nel libro. Oltre al già citato succedersi di dejà vu, con l’ex soldato Barbie che ricorda molto Rambo all’ inizio, altre cose stonano un po’.
Intanto la follia gigantesca che emerge da molti abitanti di quella che dovrebbe essere una cittadina un migliaio o poco più di residenti; tra questi ci sono a quanto pare decine di psicopatici pronti a stuprare , torturare e uccidere con gran piacere. La cosa è abbastanza inverosimile. Poi la figura del gran cattivone, che da vicesindaco di provincia si scopre essere un vero e proprio imperatore del male, tipo Don Corleone. La figura del cattivone ricorda un po’ le vecchie storie di Tex Willer. Il ranger di Bonelli si imbatteva sempre in enormi complottoni orditi dal cattivone di turno, per sgominare i quali uccideva e torturava decine e decine di persone, faceva attentati, incendiava boschi e città, tutto a cuor leggero. Al momento di arrivare al cattivone però improvvisamente Tex diventava garantista e non voleva mai sparare in faccia al super boss, ma “assicurarlo alla giustizia” per fargli avere un “giusto processo”, anche se naturalmente Tex era sicuro del verdetto :”corda e sapone!”. Ma il cattivone scappava sempre e finiva magari dentro a un fiume o investito da un treno o sotto una frana (così da poter essere magari riutilizzato in una nuova storia!). Tex ogni volta si fermava, si toglieva il cappello e come recitando una preghiera diceva :”poveraccio, che fine orribile!”. Eh ma gli altri 40 che hai ammazzato a fucilate, revolverate, coltellate, incendi, bisonti assassini aizzati non hanno fatto anche loro una fine orribile?Ad ogni modo Jim Rennie è tipo quei gran villain; bene, che fanno i cittadini onesti di Chester’s Mill? Cittadini pronti ad ammazzare , squartare e bombardare chiunque sfiori soltanto il loro prato? Uno alla volta,scoperte le malefatte del politico locale, vanno dal cattivone , da soli, e lo accusano di tutto: “so che fai questo, so che fai quello, lo dirò a tutti, ti rovinerò ecc”. Il gran cattivone ovviamente li uccide. Alla prima volta si rimane orripilati, che persona malvagia! E che cittadino ingenuo! Alla seconda si inizia a storcere la bocca. Quando la decima persona va da sola dal cattivone ad accusarlo non se ne può più! Ovviamente il cattivone ammazza tutti in questo modo e ricopre la città di cadaveri, ma nessuno se ne accorge, anzi i cittadini boccaloni credono che l’ assassino sia l’ ex soldato Barbie (che poi è tipo ex colonnello)! Probabilmente King tenta di mostrare i limiti della democrazia e l’ingenuità di credere che questa protegga le persone ma non è un tentativo molto riuscito.

C’è invero un’ aria di stanca nel romanzo, una stanchezza dell’ America, come se non riuscisse più ad affrontare i problemi o comunque ad avere più certezze, non solo nelle singole persone ma anche in quelle istituzioni granitiche un tempo, come la fede o l’ esercito. Anche in questo caso S. King si dimostra geniale nel recepire questa atmosfera e a provare a descrivere il sentiment di questo momento storico. Forse per questo King è arrivato al capolinea? Perché c’è arrivata l’America che ha sempre cantato? Ai posteri, e ai lettori, l’ardua sentenza.

L'autore :
Stephen Edwin King nasce il 21 settembre 1947 a Portland negli Stati Uniti. Frequenta il liceo alla Lisbon Falls High School, a Lisbon Falls e l'università del Maine ad Orono dove si laurea in inglese. Non disponendo di molti mezzi King ha sempre lavorato durante e dopo gli studi, come benzinaio, spazzino, bibliotecario inserviente in una lavanderia ecc prima di diventare scrittore professionista.
King è probabilmente lo scrittore più famoso del mondo e quello che ha venduto di più, sia nel panorama degli scrittori viventi che nella storia. Si parla di oltre 500 milioni di copie ,che portano King ad aver venduto circa 5 volte di più di tutta le serie di Harry Potter o del Guinnes dei primati, il libro protetto da copyright più venduto nella storia dell'umanità.
Molti suoi libri (diciamo tutti ...) sono diventati trasposizioni cinematografiche, televisive, a fumetti con alterni risultati, da capolavori assoluti a ciofeche da troma production. Lo stesso King è stato sceneggiatore e regista.

Immagini e foto prese da :

http://pinoyman.wordpress.com/2009/10/21/excellent-jacket-cover-art-for-stephen-kings-under-the-dome/

link utili :

L'informatore
convertitore misure americane

3 commenti:

  1. Come sempre splendida la tua recensione,stavolta però mi sono anche tagliato dalle risate per l'ironia che ci hai messo.A me King non è mai piaciuto.

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  2. Grazie del commento!
    Mi spiace che non ami S. King, è un grande anche se la sua grandezza è offuscata dal suo essere un autore di best seller.

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  3. Può anche darsi che ho sbagliato libro,ma quei pochi di King che ho letto non mi hanno preso molto.Un Robert Bloch ad esempio è stato capace di farmi rimanere subito a bocca aperta con i suoi racconti

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